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La speranza non deve mai essere abbandonata

La speranza non deve mai essere abbandonata

La distanza che si crea fra i sani e i malati mette alla prova i rapporti fra le persone. La malattia rompe un ordine, ma ne crea uno suo e con quel passaporto l’ammalato entra in un altro mondo, dove la logica dei sani, del mondo di fuori diventa irrilevante, assurda, a volte anche offensiva.

Tiziano Terzani

“La speranza non deve essere mai abbandonata” è il titolo di un libro fotografico le cui motivazioni sono espresse dall’autore nella premessa. Orazio Di Mauro è un giovane fotografo catanese che, oserei dire, con grande coraggio e sicuramente per una Dio-incidenza si è imbarcato in un delicato viaggio nel mondo della sofferenza.
Orazio scrive: “Questo progetto fotografico è uno spaccato di un’esperienza che ho condiviso insieme a molte famiglie.
Gli scatti non hanno scopo di denuncia sociale, ma semplicemente di testimonianza. Testimonianza di un legame tra me e queste famiglie, una finestra verso un mondo che vorrei riuscire a raccontare nel modo più veritiero possibile.

Storie di genitori di figli a cui è stata diagnosticata una malattia rara, fratelli e cugini vittime di incidenti o casi di mala sanità. Molti di loro hanno trascorso intere giornate insieme a me, si sono messi a mia completa disposizione e hanno avuto piena fiducia nella mia visione per cercare di descrivere al meglio le loro condizioni, il loro dolore, le loro speranze.

Un racconto fatto di immagini.

Sono storie dove si respira la morte ma parallelamente c’è un alto desiderio di vita. Una vita per molti vissuta con il calore della propria famiglia e degli amici, per molti altri invece in piena solitudine e abbandono. Piccoli angeli senza colpa. Famiglie normali che vengono catapultate in una condizione del tutto sconosciuta. Una malattia o un incidente colpisce, come un fulmine a ciel sereno, cambiando l’esistenza. Molti di loro scoprono forze che non pensavano di avere. Altri invece sono costretti a indossare una maschera e fingere che tutto vada per il meglio. Non possono vivere completamente la loro vita, perché imprigionati dall’amore e dal senso del dovere: devono assistere il proprio caro. Si cerca di allontanare i sensi di colpa dai cuori dei propri congiunti, ma a fine giornata si va a letto con la convinzione che non si è riusciti a dare abbastanza.

Si soffre, si prega, si chiede, si sogna, si cerca, ci si affida a qualcosa o a Qualcuno che possa avere il potere di fare un miracolo. Speranza e consapevolezza si incontrano, fondendosi.

Guardate cosa ho fotografato, guardate cosa ho imparato e capito.

briciola di maggio

AGATINO

La casa era semplice e strano a dirsi si respirava un clima di serenità. Agatino viveva circondato da macchinari per l’ossigeno, aspiratori e farmaci. Asfissia da parto, ritardo psicomotorio ed elettro-encefalopatia epilettica. Erano queste le sue croci che lo costringevano a vivere “prigioniero” nella sua camera.
Dopo la diagnosi all’ospedale di Catania, Agatino fu portato in una struttura del nord Italia dove gli fu somministrato un farmaco che gli causò un’atrofia al cervelletto. Di giorno in giorno si notavano i peggioramenti, ma i medici esclusero che fossero dovuti al farmaco.
La famiglia si recò in Francia e in Germania, dove i medici emisero la sentenza: “Agatino resterà un vegetale a vita”.
In una struttura convenzionata in Sicilia, gli sono stati somministrati contemporaneamente farmaci non compatibili tra loro, questo causò un ulteriore problema ad Agatino, una gastrite emorragica da farmaco, che scoprì il padre, dimostrandola grazie a delle analisi effettuate all’insaputa dei medici.
Agatino ha continuato le sue battaglie finché ha potuto insieme alla sua famiglia che non si è arresa davanti a nulla.

Quella di Agatino è solo una delle vite raccontate in questo libro che “mostra” sì il dolore, ma che, in verità, parla di speranza… una speranza che è in sé insita nella natura dell’uomo e che aumenta allorché c’è qualcuno che non si intimorisce dinnanzi alla sofferenza, non la trascura, non la sfugge bensì se ne prende cura testimoniando la forza e la fede di chi la vive.

Mi è sembrato quasi di leggere una delle realtà tante volte descritte da Carla e allora ho pensato che ognuno può diventare testimone, dare voce, accompagnare, sollevare chi sta nel dolore.

Affidiamoci alla guida della Vergine Maria, che si recò senza esitazione da Elisabetta.
Maria sia sempre il nostro modello, il nostro amore, la nostra parola, il nostro sorriso, la nostra speranza.

Ornella

P.S.
Per chi volesse contattare Orazio di Mauro per mail: oradimaurofoto@gmail.com e questo è il link del sito per poter vedere un’intervista che lo riguarda: http://www.tele8tv.com/video/640/bianco-nero–intervista-al-fotoreporter-orazio-di-mauro