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Jannacci: “Sì, ho visto la carezza del Nazareno”

Jannacci: “Sì, ho visto la carezza del Nazareno”

È successo su un tram di Milano, tanti anni fa.
Ho visto la sua carezza e, per quanto mi riguarda, ho visto Gesù. Ero piccolo, mi trovavo su un tram, c’era un signore che era talmente stanco che il braccio gli cadeva, una, due, tre volte. Portava gli occhiali, di quelli da vista, ma da povero, di quelli che non sono stati valutati da un oculista e neanche un ottico. Un povero operaio stanco. Gli caddero quegli occhiali e non sapevo se raccoglierglieli o meno, così nell’esitazione sono andato oltre, attratto dal tranviere che era alla guida. Quando mi sono girato quell’uomo aveva di nuovo gli occhiali ed era sveglio. Insomma, aveva un’altra faccia, come se avesse ricevuto una carezza, rincuorato. Amo credere che sia stato Lui. Altri penseranno diversamente, ma io ci credo molto. Lo cerco, parlo con Dio e non ho bisogno di dirgli nulla perché sa già cosa
faccio e cosa farò, dove finirò… sa già tutto

Enzo Jannacci  a 74 anni, è un uomo che parla con Cristo, che lo cerca ogni giorno, perché  ne ha « un gran bisogno » . L’amico fraterno di Giorgio Gaber, il “saltimbanco” che ai tempi del Derby cantava le storie di peccatrici e peccatori, della sofferenza di Milano operaia e di poveracci che si suicidano, non ha smesso di credere in un mondo migliore e soprattutto non ha ritrovato la fede, semplicemente perché non l’ha mai perduta: «Credo molto in Dio, gli parlo  e non sono mai stato ateo »

La “carezza del Nazareno” è quella che si augura chiunque consideri la vita importante, sempre. Può sembrare retorica ma non lo è. Voglio che sia chiaro: quando ho parlato di Cristo e di Eluana non era una battuta, ma esprimevo convinzioni veramente intime, come faccio di rado e come sto facendo ora. Ho cercato di descrivere quello che penso e che provo di fronte alla sofferenza e alla morte.

Quando diciamo al Signore: «Se sapevi che sarei finito così, limitato e sofferente, non mi dovevi creare», stiamo rivolgendoci a Lui. Del resto, qualcuno disse che non c’è persona più credente di chi insiste di non capire il significato della fede.

Dentro di me c’era il seme di questa fede, ma come per il talento musicale quel seme bisogna alimentarlo. Uno non nasce con la fede dentro, in qualche interstizio della propria anima o dell’ipotalamo. Quando ha la fortuna di riconoscerla e di alimentarla, prova le stesse situazioni emotive dell’amore, vede la luce attraverso uno spettro diverso, ha voglia di parlare con gli altri, di cantare; sì, di cantare come ho fatto io la scorsa settimana, in auto, a squarciagola. Quando parlo con un prete, o con i miei familiari, che sono molto attenti a queste problematiche, sento dentro di me qualcosa di molto speciale.

Sto vivendo una maturazione del mio credo religioso. Sento di non avere più il tempo per occuparmi di cose troppo terrene; ora guardo al cielo, all’interscambiabilità degli spazi, dove andiamo a picchiare tutti prima o poi. Anche se ho scoperto di avere meno paura dell’eterno.
Aborrisco l’indifferenza che ci circonda, che mio padre odiava, lui mi insegnava, l’altruismo. Una  indifferenza che è così comoda, un egoismo ricco, per il quale va tutto bene, anche ribaltare i clandestini in mare: invece, come ho detto nel caso di Eluana, una vita va salvata sempre, prima la si accoglie e la si rianima e poi magari si gioca con il diritto internazionale per il rimpatrio.

briciola di settembre

Come medico, io dico che la vita – passatemi l’espressione – è una condanna a morte: è inevitabile, sono stato per anni intorno ai letti della terapia intensiva e dei reparti di rianimazione per averne un’idea diversa, ma sempre come medico e come uomo dico anche che salvare una vita è come salvare il mondo. E allora prima viene la vita, prima si corre, si salva l’esistenza della gente poi si analizzano i meccanismi dell’asilo politico, dell’immigrazione, ecc. Prima si fa ribattere il cuore, tirandoli fuori dall’acqua. Certo, è difficile amare il prossimo, ancor più difficile amarlo come se stessi. Ma è la via per arrivare a Dio.

Tratto da AVVENIRE 25 agosto 2009 – testimonianza al Meeting di Rimini
Nella foto a Lourdes 2007…per vedere la Grotta!!

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