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Ho visto tanti occhi

Ho visto tanti occhi

Ho visto tanti occhi

briciola di novembre

Oggi per la prima volta sono andata come volontaria in assistenza alla cappella dell’ospedale di Parma per visitare i malati del secondo piano del padiglione “Barbieri” reparto di lungo degenza.
Ho incontrato tanti occhi, occhi spauriti, occhi soli, occhi stanchi, occhi assenti, occhi spenti, occhi che pazientemente aspettano una risposta, occhi sfiduciati, occhi bagnati per il dolore e la tristezza.
“Gli occhi – si dice – sono lo specchio dell’anima” no?
Uomini e  donne uniformati ad un “sistema”: l’ospedale, che impedisce loro di avere una vita, la loro vita….sono lontani da tutto quello che amano, che dà  loro sicurezza, dalle loro abitudini ed i loro sapori, anche dalla loro memoria, sì perché lì è tutto asettico, sei un numero di letto e va già bene se non ti chiamano con la patologia che hai. Non sei una persona, sei una colite ulcerosa, sei un brocospasmo etc…ma le persone hanno un nome!! Anche in ospedale? Certo anche di più lì dove sei sempre solo con il tuo dolore e la tua paura di cosa ti faranno domani e la incessante domanda: ma quando mi manderanno a casa? Ma tornerò ancora a casa?
In ospedale non sei una persona, ma un ammalato, un paziente (credo che questo sia un termine molto azzeccato) si PAZIENTE, verso chi ti gira intorno con aria così professionale da non guardarti negli occhi, paziente verso chi ti tocca con le mani gelide incurante che  ti dia fastidio, paziente con chi ti passa lo straccio sotto il letto alle 6 di mattina accendendo la luce e facendo vibrare il letto nel quale si sta immobili e fa sentire male, paziente con i campanelli che sembrano rotti tanto tarda qualcun ad affacciarsi alla porta per chiedere “chi ha suonato?”, pazienti con gli infermieri che devono fare pratica per imparare a fare tutto…e le persone anziane sembra che siano le “prescelte” per tale tirocinio.
Le giornate sono lunghe, lunghissime il tempo lì si dilata ed è scandito dai pasti e dalle terapie. Aspetti questi momenti per fare qualche cosa e soprattutto per avere qualche cosa da attendere…i dottori sono soldati di ghiaccio, abolito il sorriso…Qualche infermiera  davanti a me ha sorriso facendo timide battute agli ammalati, ma alla fine chi veramente dispensa un po’ di sana umanità sono le persone che servono e puliscono, gli inservienti quelli che fanno le pulizie. Loro conoscono per nome tutti i pazienti…bizzarro eh? Molto spesso chi cura, non conosce, non chiama, NO – fa diagnosi e dà farmaci.
Ascoltare il malato è davvero tempo perso, loro sanno cosa fare, il resto? Perdita di tempo: stare a sentire gente che si “lagna” e spiega che ha dolore,  noooo… “Vedrà che presto starà meglio” – “Dice dottore?” – “Mah!  guardi questo è un farmaco che funziona quasi sempre..” ( ah bene, speriamo di rientrare tra quell’insulso: QUASI SEMPRE!!!)
I  malati hanno dimenticato che giorno è oggi, alcuni mi hanno chiesto: ma che ore sono? Le 17 Rita, ”ah pensavo fosse mezzogiorno…”.

briciola di novembre

Ho incontrato malati ricchi di storia e di vita, anche se inchiodati ad un letto e legati a tanti tubicini che sbucano da ogni dove, ma loro sono calmi, rassegnati, anzi, alcuni espongono quello serve al vicino di letto, a quell’altro e poi ad altri ancora.
Non lo so, mi chiedo…quanta attesa silenziosa, quanta paura, quanto sconforto, quanto tempo per pensare alla propria vita prima di lì!
In tanti mi hanno raccontato cosa facevano prima con orgoglio, con grinta, con passione e ho visto quegli occhi accendersi di nuovo, ho visto labbra serrate aprirsi e sorridere, (anche per sorridere c’è bisogno di allenamento), ho visto che l’essere umano è unico ed in ogni persona è racchiusa una parte di noi, ho visto “lo stampo” di CHI ci ha creati,
ho visto che  un uomo può capire le pieghe dell’anima di un altro uomo, perché siamo fatti “degli stessi ingredienti”.
Ho visto e constatato che potremmo essere felici “solo”
se ci aiutassimo un po’ di più,
se ci ascoltassimo un po’ di più,
se ci fermassimo un po’ di più,
se, uscendo un po’ di più da noi stessi, lasciassimo spazio all’altro …
HO VISTO TANTI OCCHI ED HO CAPITO QUANTO SIAMO CIECHI!

La briciola Carlotta Bandini di Parma

PS. Oggi 25 ottobre su Avvenire ho letto IL MATTUTINO del Card.  Ravasi, sembra proprio la risposta a quanto ha scritto Carlotta

L’ARCHIVIO DI DIO

Credo che in qualche punto dell’universo debba esserci un archivio in cui sono conservate tutte le sofferenze e gli atti di sacrificio dell’uomo. Non esisterebbe giustizia divina se la storia di un misero non ornasse in eterno l’infinita biblioteca di Dio.
«Il mio vagabondare tu, o Dio, lo registri; le mie lacrime nell’otre tuo raccogli: non sono forse scritte nel tuo libro?». Isaac B. Singer
Dio raccoglie tutte le lacrime delle vittime della storia umana, così che esse non cadano nel vuoto. Esse sono agli occhi di Dio realtà preziose come l’acqua che il beduino conserva nel suo otre quando viaggia nel deserto. In questo scrigno e nell’«anagrafe» ideale della vita dell’umanità Dio registra e custodisce come tesori tutte le sofferenze. Nei suoi colossali archivi è registrato… lo sterminato patrimonio di lacrime, lutti, lamenti e affanni. Solo Dio saprà con essi costruire una trama nel libro della vita che orna la sua «infinita biblioteca».

Chi volesse raccontare fatti positivi dei quali è stato testimone o esecutore, chi volesse testimoniare, come Carlotta, il suo impegno a favore degli ultimi, in situazioni di particolare disagio e solitudine, può scrivermele, insieme dobbiamo fare l’ARCHIVIO DELLA SPERANZA, come ha suggerito Padre Alfredo a Loreto. Grazie e…pregate per me. Il cardiologo mi ha ordinato assoluto riposo psicofisico, di  ripararmi dal freddo…ma leggere i vostri scritti è per me la cura migliore perché mi rallegrano e mi scaldano il cuore. So che non sono sola, e questo è importante. Se non rispondo, per ora, scusatemi, sapete il perché. Sto preparando la lettera di Natale, aiutatemi.
Coraggio “ARCHIVIAMO….” La vostra amica briciola sbriciolata  Carla Zichetti