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E’ NATALE! Non seppelliamo la memoria…

E’ NATALE! Non seppelliamo la memoria…

Di quanta gioia ci priviamo, perché non ci scriviamo più! Ormai, quasi tutto si affida all’aria, al telefono, agli sms, alle parole dette, parole, parole, parole…così tutto è destinato a svanire, a non lasciare traccia, tutto per far più presto con poca fatica e incomodo. Così seppelliamo la memoria e siamo sempre più soli. Non si può pensare e progettare il futuro se non serbiamo la memoria. Si dice che c’è il computer…ma non tutti ce l’hanno e poi è solo una macchina…non un essere pensante, intelligente, emotivo, non si può portare con sè in qualunque posto.
Invece le parole scritte su un foglio di carta che si tocca, si stropiccia,  e che si tiene in tasca per farsi leggere in qualunque momento, sono vita per chi le riceve, sono conforto, sostegno, anche se chi le scrive racconta una sua prova dolorosa. Quelle parole scritte su foglietti di notes strappati, o fogli di quaderno, sono amici fedeli, che si fanno sempre trovare, si fanno sentire senza bisogno di parlare. In quelle parole c’è il cuore con i suoi sentimenti di dolore, di gioia, di rabbia, di perdono, di voglia di vivere e di essere ascoltati.
Mi ritengo fortunata nel ricevere tanta posta scritta, anche da mani incerte, tremanti, alle volte con parole  difficili da interpretare o decifrare, perchè molti hanno perduto l’abitudine di scrivere non avendo nessuno al quale potersi confidare. Sono lettere e cartoline che esprimono concetti grandi, eterni, che nemmeno un letterato o un genio potrebbe così semplicemente e chiaramente manifestare. Sono parole ardenti come il fuoco, accendono la speranza; parole che sono balsamo, leniscono ogni pena, parole che danno la «carica”.

briciola di dicembre

Jean Venier ex ufficiale, fondatore della comunità dell’Arca con un piccolo ospite

Lina, una mia vicina di casa di 85 anni, è vedova da qualche anno. Mi ha detto che sta rileggendo le valanghe di lettere che lei e suo marito si scrivevano ogni giorno, più di 60 anni fa. Ne ha una valigia piena. Adesso, attraverso quelle lettere, rivive quel tempo di gioia, di amore, di progetti per il futuro. Il suo Giovanni le è vicino attraverso lo scritto, e l’incoraggia ad aver fiducia: lui è solo arrivato prima a quel «traguardo”, a cui tutti arriveremo.
A un’amica che mi diceva che non poteva comunicare con una malata, sua parente, perché rifiutava tutti, ho suggerito: “Scrivi!e, manda delle belle cartoline illustrate con solo una frase affettuosa, un saluto, una bacio, un abbraccio.
Non sai la gioia che le dai, perché il suo rifiuto è una tacita richiesta di aiuto. La puoi aiutare e le puoi essere vicina anche così. L’amore aguzza l’ingegno».
Vorrei che tutti trovassero – nel momento della prova o della solitudine – in fondo al cassetto o sotto il cuscino, una parola scritta come l’ho trovata io questa notte: la lettera che mio papà mi scrisse nel 1975 mentre ero in ospedale alla Santona (MO), quella lettera, ormai un po’ sciupata e ingiallita dal tempo, mi ha ridato forza e coraggio per ricominciare e andare avanti, proprio come allora.
Perché siamo così avari di parole scritte? È vero che è una fatica scrivere, ma è una fatica che ripaga sempre. Oggi  purtroppo cerchiamo solo di far tutto e presto, tranne quello che ci fa comodo… C’è forse la crisi dei buoni sentimenti e il boom dell’egoismo? La mancanza di tempo è soltanto una scusa, perché per quel che vogliamo fare il tempo lo troviamo sempre.
Stamattina un’amica di Vicenza mi ha scritto: Mi sembra di averti qui vicino a me tra i fornelli  con la tua voce fresca come una cascatella ad aiutarmi, per sorridere, anche se ho voglia di piangere, perché mi sento sola.
Le parole buone scritte sono come gli accendini: accendono la speranza. Quelle parole sfregano il cervello, fanno battere il cuore, l’anima sussulta e la vita risorge…
Ricordo che qualche anno fa  la mamma di Marcello rispose alla mia lettera di Natale così:
«Grazie perché nella lettera di Natale hai scritto: – Dai un bacio a Marcello per me.- Io voglio bene a Marcello e, a chi ama Marcello, io voglio bene di più”».
Marcello ha 40 anni, ma non sa di averli. La sua mente chissà dov’è; si esprime con dei suoni particolari. L’ho conosciuto nel 1996 a Lourdes insieme ai suoi genitori che festeggiavano in quel pellegrinaggio il 50° del loro matrimonio. Lui si distraeva e giocava sempre con una pallina fra le mani.
La frase scritta da quella mamma: «A chi vuol bene a Marcello io voglio bene di più», mi è arrivata come la voce di Dio.
Niente mi avrebbe resa più felice che leggere quelle parole.
Per questo il mio augurio per Natale sta nelle parole “scritte” della mamma di Marcello, che il Signore possa dire a ciascuno di noi:

«A te voglio bene di più, perché ti prendi cura di me nei deboli, nei malati, negli indifesi, negli immigrati, nei disprezzati, nei tanti Marcello del mondo, negli ultimi, io sono fra quelli, anzi, “sono in” quelli, anche se non so parlare ed esprimere il mio amore, ma capisco il tuo, per questo “ti voglio più bene di più”».

Non seppelliamo la memoria.
Buon natale 2009    CARLA Zichetti

P.S. Se qualcuno ha un’esperienza o una testimonianza positiva da raccontare ce la faccia conoscere. La lucerna perché possa illuminare occorre metterla in alto perché tutti ne godano lo splendore, anche questa è carità, amore vero.

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