Di te mi posso fidare
Ricordo la gioia che provai il giorno in cui mio papà, preoccupato per l’insicurezza dell’avvenire e la vecchiaia, mi disse: «Fortuna che ho te Carla, di te mi posso fidare». Ancora oggi godo pensando a quelle parole, sono state e sono ancora il più bel dono di mio padre. E io, spero tanto, nonostante le mie manchevolezze, di non aver mai deluso quella sua certezza.
«Di te mi posso fidare»
Penso che la più grande gioia sia quella di potersi coricare ogni sera stanchi morti, come la mia amica di Cremona (completamente sorda) che mi ha scritto: «Nonostante la mia infermità sono indispensabile per i miei genitori novantenni e malati. Mi sono impegnata a non dire mai di no a chi mi chiede aiuto. La mia giornata è piena, tanto che a volte alla sera guardo in alto e dico: “Signore sono molto stanca, però non ho detto di no a nessuno». Questa è la mia preghiera
«Di te mi posso fidare»
l’ha pensato Dio quando a Mattia all’età di 12 anni (ora ne ha 83) ha detto, come lei mi ha scritto: «Alla fanciulla di 12 anni, figlia della vedova di Naim, Gesù ha detto prendendola per mano: “Alzati!”, a me Gesù ha detto, a 12 anni: “Fermati!” e sono qui ammalata e inferma da allora. Ma sono felice, perché ho il suo amore».
«Di te mi posso fidare»
Lo dissi a Piero, un amico di Chiavari, professore di filosofia al liceo e volontario alle carceri, quando gli chiesi di prendersi cura di Liliana che abitava in una paese vicino a Chiavari, malata da tanti anni, sempre a letto, piena di piaghe e sola, perché l’amica che fedelmente andava a trovarla era morta.
Piero, te l’affido, so che di te mi posso fidare. E Piero per più di due anni, non solo si è occupato di Liliana, ma se ne è preoccupato, l’ha presa per mano, l’ha accompagnata, che è molto diverso. Occuparsi di una persona vuoI dire assisterla, provvedere a lei, ma preoccuparsi vuoI dire soffrire, gioire, sperare, cercare un rimedio insieme, vuoI dire non farla sentire mai sola. Nella mia richiesta Piero non ha sentito la mia voce, ma quella di Gesù che diceva: “Ero malato e mi hai visitato, carcerato e mi hai soccorso, disperato e ti sei fatto speranza, solo e mi hai preso per mano”.
Queste non sono opere straordinarie, eroiche, sono un dovere per i battezzati, sono un «debito da pagare» diceva Don Milani.
Una mattina mi ero proposta di scrivere a un’amica che mi aveva chiesto urgentemente una risposta, l’avevo già rimandata di alcuni giorni perché ci dovevo pensare. Mentre mi preparavo per scrivere, suona il campanello. Apro, era un amico che m’intrattenne poi fino oltre mezzogiorno per sfogare il suo dolore a causa di una figlia rinchiusa più di una volta in carcere per atti osceni…e commercio di droga. La mia lettera rimase solo nel desiderio. Quel papà, che non aveva trovato ascolto da nessuna parte, era per me la voce di Dio. Alle volte non sappiamo le conseguenze negative di un rifiuto, come quello di un Parroco che, alla ragazza che si era andata a confessare dopo tanti anni, disse: «Passa domani, devo andare in Curia», e quella ragazza non tornò più. O come quel falegname che rispose al nipote che doveva andare in ospedale: “Non ho tempo devo finire questo lavoro” e il nipote non giunse mai in ospedale, si buttò in un canale.
Desideri anche tu la gioia di sentirti dire da Dio:
«Di te mi posso fidare?».
Quante persone questa estate, mentre altre sono in vacanza, vivranno sole nelle loro case, negli ospizi, in compagnia dei loro ricordi e avranno bisogno di persone di cui potersi fidare e alle quali potersi affidare per sentire che anche la loro vita vale, qualunque sia l’età, la malattia, l’istruzione o lo stato sociale? Di persone che facciano la parte di Dio, il Dio della speranza, il DIO AMICO. Lo troveranno?
Che sia una buona estate per tutti, ma davvero, proprio per tutti.
Lo sarà se non pensiamo solo a noi stessi. Carla Zichetti
P.S. C’è qualcuno che vuole raccontare una sua esperienza, se vuole si faccia avanti, il bene va diffuso altrimenti ci lasciamo soffocare dal male. Coraggio. Ci vuole poco, solo un po’ di buona volontà.
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